Nel 2018 è scoccato il cinquantennale degli Yes, uno dei gruppi più importanti della scena progressive rock inglese degli anni 70. Attualmente il marchio, come spesso accade in ambito musicale, è diviso tra due formazioni differenti che portano avanti la tradizione della band con dedizione ma inevitabilmente anche con qualche lacuna, dovuta al passare del tempo e alla perdita di un componente fondamentale come il bassista Chris Squire. Fortunatamente nel nostro paese esiste da più di dieci anni un tributo agli Yes chiamato D-YES-IS costituito da cinque straordinari musicisti: Fabio Pignatelli (noto al pubblico prog per la sua militanza al basso nei Goblin), Giacomo Anselmi, Gianluca Capitani, Danilo Cherni e Frank Kori. Proprio con il chitarrista Giacomo Anselmi abbiamo parlato del "mondo Yes" in vista del concerto dei D-YES-IS di sabato 19 gennaio 2019 al KILL JOY. Un evento che si preannuncia assolutamente da non perdere in cui la tribute romana eseguirà tutti i brani del periodo d'oro del gruppo inglese, compresa la splendida suite Close To The Edge...
A quando risale il tuo incontro con la musica degli Yes?
Come per tanti altri giovani che hanno vissuto la loro adolescenza musicale tra gli anni settanta e gli anni ottanta, il mio incontro con la musica degli Yes risale al periodo in cui su RAI UNO veniva trasmesso il programma musicale Discoring, in pratica l'equivalente del Top Of The Pops inglese. La sigla della trasmissione per una stagione fu proprio una canzone degli Yes, Does It Really Happen? contenuta nell'album DRAMA del 1980. Un pezzo fantastico che non dimenticai. Qualche tempo dopo fu la volta del celebre singolo Owner of a Lonely Heart e da allora incominciai ad andare a ritroso ripercorrendo tutta la discografia del gruppo fino ai primi album.
Il chitarrista degli Yes, Steve Howe, ha rappresentato e rappresenta un punto di riferimento importante nella produzione della band britannica. A livello di tecnica sullo strumento, di stile e di scrittura musicale quali sono a tuo avviso le sue caratteristiche principali?
Per me Howe è il chitarrista più versatile e completo mai esistito e non solo in ambito Prog. La sua preparazione, la conoscenza di molti linguaggi, la tecnica sullo strumento ne fanno uno dei giganti della sei corde. Elettrica, classica, acustica: Howe sa suonare magistralmente tutto, compreso anche vari strumenti etnici.
I D-Yes-Is esistono ormai da oltre dieci anni, c'è qualche episodio che ti sta particolarmente a cuore legato ai concerti e alla vita con la band?
I D-Yes-Is sono stati la band di svolta. Dal nucleo del gruppo sono nati i Goblin Rebirth e per me tutto un percorso nella musica prog che continua tuttora grazie a una serie di altre collaborazioni in questo ambito musicale. Ogni volta che suoniamo insieme rappresenta di per sé un episodio unico per tutti noi. Del resto la musica degli Yes è alla base delle nostre influenze espressive.
Quale strumentazione utilizzi dal vivo con i D-Yes-Is?
La mia è una strumentazione rigorosamente analogica: Ibanez semiacustica ASV 100, Custom pedalboard, Mezzabarba Skill testata, cassa 1x12 Street Fighter oppure Mezzabarba z35 combo. Corde D Orazio.
Quali sono i tuoi cinque brani degli Yes preferiti?
1. Does It Really Happen perché come ti dicevo è stato il primo che ho ascoltato
2. And You And I è il brano degli Yes che preferisco in assoluto
3. Starship Trooper è un brano straordinario, una composizione meravigliosa
4. Brother of Mine anche se è uscito a nome Anderson Bruford Wakeman Howe, perché è uno dei testi che preferisco
5. Close to the Edge perché è una delle suite più belle della storia del progressive rock. Per alcuni è la suite per eccellenza.
Poi vorrei citare anche Awaken che contiene delle parti armoniche geniali.
Sabato 19 gennaio al Kill Joy D-Yes-Is in concerto. Vuoi inviare un messaggio a tutti gli amici del Kill Joy per presentare l'evento?
Sarà una serata all'insegna del miglior rock progressivo. Imperdibile. Vi aspettiamo al Killjoy!